Banche, responsabilità del medico, unioni civili, novità in tema di concordato preventivo, diritto all’oblio: negli scorsi mesi abbiamo trattato molte tematiche in costante evoluzione. Cerchiamo di vedere brevemente cosa è successo di significativo in questi ultimi mesi.
Alcune notizie sulle banche
Il diritto bancario ha caratterizzato le nostre news, che hanno prima dato conto del c.d. decreto banche e poi analizzato la disciplina dell’anatocismo bancario alla luce delle ultime riforme. La scelta di rendere conto solo delle novità normative – e non di quelle più strettamente economiche o politiche – è inevitabile, dato il grande risalto che i media nazionali danno ogni giorno agli ambiti meno giuridici della questione. Al tempo stesso – fra voci che si rincorrono ed evoluzioni quotidiane – qualsiasi resoconto della situazione rischia di nascere già superato. Ragion per cui abbiamo deciso di dare conto soltanto di alcune notizie recenti, importanti e aventi risvolti significativi sui risparmiatori.
In primo luogo, in seguito al fallito aumento di capitale del Monte dei Paschi di Siena, il Governo ha varato, lo scorso 23 dicembre, il c.d. decreto salva risparmio (D.L. n. 237/2016). Si tratta di poco più di uno schema, che dovrà essere integrato, attuato e specificato in seguito alla conversione in Legge. Alcune misure, però, risultano subito evidenti, a partire dalla creazione di un fondo di € 20 miliardi, cui il Governo potrà attingere per singoli interventi su capitale e liquidità degli istituti di credito. Inoltre, il Governo potrà garantire – a fronte del pagamento di una commissione – l’emissione di nuove obbligazioni da parte di banche in difficoltà, che per il sottoscrittore prenderanno il grado di rischio dello Stato e non dell’emittente. Per Monte dei Paschi di Siena, in particolare, si prevede una ricapitalizzazione precauzionale e temporanea, con lo Stato che diventerà azionista della banca per poi rivendere le quote sul mercato una volta avvenuto il risanamento. Ciò consentirà al Ministero dell’Economia di dettare il nuovo piano industriale dell’istituto. Al tempo stesso, il Decreto Legge chiama a contribuire gli obbligazionisti subordinati, i cui titoli saranno convertiti in azioni al prezzo del 75% del valore nominale (ma è del 100% per le obbligazioni Tier 2, vendute alla clientela retail). Non si tratta di bail in, non applicabile in caso di sostegno pubblico straordinario, ma del cosiddetto burden sharing. In altre parole: gli obbligazionisti subordinati condivideranno parte delle perdite della banca.
In secondo luogo, è inevitabile uno sguardo alla Banca Popolare di Vicenza, molto presente sul territorio pratese in seguito all’incorporazione della Cassa di Risparmio di Prato. A tal proposito, mentre continuano a rincorrersi le voci di una fusione con Veneto Banca e dell’inevitabile aumento di capitale (con un versamento di € 600 milioni già anticipato dal Fondo Atlante), il Consiglio di Amministrazione della Banca ha presentato un piano di rimborso ai soci che hanno visto ridurre il valore delle proprie azioni da € 62,50 ad € 0,01. Le somme offerte si attestano sul 15% del valore delle azioni, da accettare entro fine marzo, rinunciando al tempo stesso a qualunque azione di rivalsa nei confronti dell’istituto. Pare che al rimborso si aggiungeranno offerte commerciali e condizioni economiche dedicate, che potrebbero far salire il corrispettivo rimborsato fino al 30%. Tuttavia, affinché il rimborso scatti, dovrà aderire alla proposta transattiva almeno l’80% dei soci interessati.
Inoltre, è opportuno dare conto dell’entrata in funzione, lo scorso 9 gennaio, dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie (A.C.F.), istituito presso la Consob. Si tratta di un organismo che avrà competenza sui servizi d’investimento, e dunque anche in materia di acquisti effettuati dal risparmiatore in presenza di violazioni delle norme di diligenza, correttezza e trasparenza a carico dell’intermediario. Il funzionamento è simile a quello dell’Arbitro Bancario Finanziario, per cui in seguito ad un reclamo scritto l’investitore potrà sottoporre la questione ad un collegio arbitrale, in modo del tutto gratuito. La decisione non preclude la via del Tribunale, ma è vincolante per l’intermediario finanziario, che è obbligato a partecipare al provvedimento.
Infine, una curiosità: è stata recentemente presentata alla Camera dei Deputati una proposta di Legge che modificherebbe l’art. 612-bis del Codice penale (è la norma sul c.d. stalking), punendo lo stalking bancario, e cioè condotte persecutorie e aggressive realizzate nei confronti dei cittadini dalle società di recupero crediti che lavorano per conto di banche, società finanziarie e grandi aziende.
Su diritto alla salute e responsabilità del medico
Il disegno di Legge Gelli – Bianco, di cui avevamo dato conto nella prima newsletter e che ridefinisce i confini della responsabilità civile e penale del medico, ha conosciuto un’accelerazione lo scorso mese di novembre, quando è stato approvato dalla Commissione Igiene e Sanità del Senato. Dal 24 novembre scorso il testo si trova all’esame del Senato (n. 2224) ed è attualmente difficile, stante il clima politico e le diverse priorità economiche e sovranazionali, fare previsioni sulla sua approvazione in tempi brevi.
Nell’attesa di normative più chiare e definite, la giurisprudenza continua a delineare i confini della responsabilità del medico. La recente sentenza n. 22639/2016 della Cassazione ha stabilito che, in caso di tenuta negligente della cartella clinica, spetta al medico provare che le eventuali complicanze dannose insorte nel paziente non sono dovute al suo comportamento. In altre parole, la lacunosa compilazione della cartella clinica non esclude il nesso di causa tra condotta del medico e danno subito dal paziente; anzi, la giurisprudenza vi riconosce una presunzione di nesso causale a sfavore del sanitario. Cosicché spetterà a quest’ultimo, per il principio di vicinanza della prova, dimostrare che tale nesso non sussiste nel caso di specie.
I decreti attuativi delle unioni civili
Il 14 gennaio sono stati approvati in via definitiva dal Consiglio dei Ministri tre decreti legislativi attuativi della L. n. 76/2016 sulle unioni civili. Ognuno disciplina un ambito diverso: adeguamento delle norme in materia di stato civile, con riferimento ad iscrizioni e trascrizioni; modifica e riordino delle norme di diritto internazionale privato; disposizioni di coordinamento in materia penale.
Prima dell’approvazione definitiva, i tre decreti attuativi (approvati in via preliminare lo scorso 4 ottobre) hanno ottenuto il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Seppur con un piccolo ritardo, si è dunque superato il regime transitorio e si è scongiurato il rischio dell’impossibilità di nuove unioni.
Il termine dell’iter era infatti previsto il 5 dicembre scorso, e il D.P.C.M. n. 144/2016 (c.d. decreto ponte) prevedeva disposizioni transitorie fino all’entrata in vigore dei decreti definitivi, per il quale il Governo aveva un termine di sei mesi (art. 1, comma 28, L. n. 76/2016). Il Consiglio di Stato, nel parere n. 1695/2016, aveva espressamente escluso l’efficacia del decreto ponte nel caso in cui il Governo non avesse approvato i decreti attuativi definitivi entro il termine previsto dalla Legge.
Con la recente approvazione da parte del Governo, le unioni civili sono ormai una realtà ben definita nel nostro ordinamento.
Il concordato preventivo e l’estensione per legge della falcidia i.v.a.
Sempre nella scorsa newsletter ci eravamo soffermati su di una pronuncia della Corte di Giustizia UE (Causa C-546/2014), che aveva smentito la giurisprudenza nazionale circa la possibilità di proporre domande di concordato preventivo che non prevedessero un soddisfacimento integrale del credito i.v.a. dello Stato.
Sulla scia della pronuncia sovranazionale, le Sezioni Unite della Cassazione, con le sentenze n. 26988/2016 e n. 760/2017, hanno stabilito che il credito i.v.a. non è falcidiabile solo in caso di transazione fiscale, dunque respingendo l’interpretazione a tutto campo della norma di cui all’art. 182-ter L. fall.
Ebbene, nell’attesa della riforma organica del diritto della crisi d’impresa predisposta dalla Commissione Rordorf ed attualmente in discussione in Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, la Legge di Bilancio 2017 – da poco pubblicata in Gazzetta Ufficiale – ha modificato l’art. 182-ter della Legge Fallimentare. L’intervento pone fine alle incertezze interpretative, stabilendo che anche in caso di transazione fiscale è possibile soddisfare parzialmente il credito per i.v.a. e ritenute. Viene meno, quindi, la norma che era stata interpretata estensivamente e che rendeva impossibile, in certi casi, falcidiare il credito dello Stato per le suddette imposte. Da oggi, qualora il piano proposto dal debitore preveda una soddisfazione del credito i.v.a. dello Stato “in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d) della Legge fallimentare” nessun ostacolo sussiste alla falcidia.
Il diritto all’oblio e i suoi limiti
Nella scorsa newsletter avevamo ricordato la legge sul cyberbullismo in discussione al Senato dopo l’approvazione del testo da parte della Camera dei Deputati. Come per il disegno di Legge in materia di responsabilità medica, anche su questo testo – per la verità molto discusso – è impossibile fare previsioni circa i tempi di approvazione, soprattutto nel caso in cui il Senato decidesse di apportarvi modifiche.
Nel frattempo si segnala il provvedimento del Garante della Privacy del 6.10.2016, che ha ribadito come il diritto all’oblio debba soccombere innanzi all’interesse del pubblico alla conoscenza di una vicenda che abbia ad oggetto un reato grave. La questione riguardava un soggetto condannato per reati di corruzione e truffa in danno della pubblica amministrazione, che si era rivolto al Garante per chiedere la de-indicizzazione di articoli sul web che riguardavano la sua vicenda, conclusasi quattro anni prima. Il Garante ha respinto la richiesta, ritenendo che la gravità dei reati e il breve periodo di tempo trascorso dalla sentenza possano giustificare l’interesse del pubblico ad accedere agli articoli; interesse del pubblico che, in questo caso, prevale su quello del condannato alla rimozione della notizia.